La storia siamo noi! Questo è il titolo di questo blog, il titolo che scelsi ormai più di un anno fa per queste pagine che avrebbero dovuto, in un modo o nell'altro, raccontare la vita e le storie mie e di chi mi circonda...
La storia siamo noi, quindi! E oggi è stato commemorato il 25esimo anniversario della pallavolo Campi, anniversario a cui hanno partecipato moltissime persone, di tutte le età. E vedendo tante persone, salutando tanti amici e tanti conoscenti di vecchia o meno vecchia data, tante persone che hanno attraversato la tua vita, devo dire che l'impressione è stata quella di appartenere in qualche modo alla storia di questa squadra. Vedere le foto e i filmati di quando eravamo piccoli ( o giovani, dirà qualcuno :P), rivedere le vecchie squadre, le vecchie maglie, e soprattutto i vecchi amici (molti dei quali sono amici di oggi) è questo che si sente! Perché la storia di questa squadra siamo anche noi... O meglio: Questa è la nostra storia!
domenica, novembre 25, 2007
lunedì, novembre 19, 2007
Sogni di Rock'n'Roll
Era tantissimo che non mi succedeva... Stai lì, apri un libro quasi per curiosità.. Lo hai comprato, pensi che ti piacerà, ma lo apri solo per dargli un'occhiata, per vedere come inizia e cosa dice. E poi continui a leggerlo. Le parole scorrono, le pagine si susseguono, giri pagine senza nemmeno rendertene conto. Lo divori! Magari sei stanco, e le parole nemmeno si fissano bene in mente, ma mentre le leggi ti lasciano comunque qualcosa... Ed è strano come questo libro non sia una storia avvincente, un thriller, un racconto che non vedi l'ora di sapere come va a finire. Sono le parole, sulla carta, di un cantautore di Correggio, raccontate con un'intervista\conversazione curata da Massimo Cotto, giornalista che non conoscevo, lo ammetto.
E come ho aperto questo libro l'ho divorato, letteralmente, leggendo tutto quello che il Liga aveva da dire. La chiacchierata scorre bene, senza intoppi o forzature, e ci mostra un Luciano cambiato dalle sue esperienze, forse una persona più matura e pacata. Nelle sue parole si legge quello che le sue canzoni comunicano, la sofferenza e il sollievo, il contatto con la morte, la fine di un matrimonio e di un lungo amore, l'inizio di una nuova relazione, la nascita dei figli... La vita!
O come dice lui, le emozioni. Perché è questo, secondo il Liga, che ti spinge a fare canzoni, l'idea di avere qualcosa da dire, da raccontare, e l'emozione che provi nel farlo. E se poi devi spiegare a parole qual è il senso di una canzone, perché hai scritto una determinata strofa, perché in quel momento pensavi qualcosa, allora hai mancato l'obiettivo, perché la canzone si deve spiegare da sola.
Emerge da questa chiacchierata, dicevo, tutto quello che i suoi cd ci hanno raccontato. Ogni album è una fotografia, un'istantanea di quello che era Ligabue a quell'età. E' un cantante atipico, di quelli che sono usciti tardi, diventati famosi tardi... Il suo "Ligabue" è del 1990, esce quando lui ha già 30 anni, troppi se si paragonano ai cantanti di oggi, soprattutto sulla scena internazionale. Ma il Liga emerge e l'album è un successo, nonostante gli arrangiamenti ancora acerbi, e già ci sono tutti gli elementi che lo hanno reso grande: parla di vita vissuta, di sesso ("balliamo sul mondo", in cui il sesso è puro divertimento, metaforizzato con il ballo), d'amore ("Piccola stella senza cielo" resta ancora una delle canzoni d'amore più dolci che siano mai state scritte, a mio parere ^_^), della musica e del Bar ("Sogni di Rock'n'Roll" e "Bar Mario su tutte"). Molto ricorrente il tema del bar: bar come punto di aggregazione, come unione di più elementi caratteristici, il tipico bar di paese, un bar Mario in parte vero e in parte frutto di fantasia. E poi si affaccia il tema della padronanza della propria vita, del pagare i propri errori e i propri sbagli, di viversi la vita per scelta propria ("Ci han concesso solo una vita:
soddisfatti o no qua non rimborsano mai e calendari a chiederci se stiamo prendendo abbastanza, abbastanza. Se per ogni sbaglio avessi mille lire che vecchiaia che passerei"), tema che sarà ripreso più volte ("Questa è la mia vita" su tutte).
Parla a ruota libera il Liga, e racconta dei successi e degli insuccessi suoi e dei suoi personaggi, delle storie di "Lambrusco, Coltelli, Rose e Popcorn", della sessualità libera e non costretta da una morale che la limita ("Libera Nos a Malo"), fino a un futuro in cui questa viene limitata dai vigilantes nel 2123, in cui già Luciano ci anticipa l'idea che sta alla base di "La neve se ne frega", sicuramente ancora molto acerba e non sviluppata, ma già presente come idea di fondo nella mente dell'artista.
Non si nasconde Ligabue, non nasconde i periodi difficili, l'album che lo porta al divorzio con gli Orazero ("Sopravvissuti e Sopravviventi", un titolo che a distanza di anni non sa spiegare), il suo album più cupo in un momento in cui tutto gli gira bene. Il pubblico non lo approva, i concerti si svuotano (ma oggi è da alcuni considerato il suo miglior disco, e fra i 100 che più hanno inciso nella canzone italiana). E qui Liga rivela una vena un po' malinconica, cupa, ma anche una vena ironica e di reazione. Racconta storie che si incrociano, racconti di persone semplici, in difficoltà, o che vivono nonostante tutto, a volte con ironia, a volte con malinconia. Penso a "I duri hanno due cuori", a "La ballerina del carillon" e a "Piccola città eterna". E ci mostra più in dettaglio uno di questi personaggi, un "Walter il Mago" che fa tenerezza per la sua "giacca sbagliata", ma che gli amici "fanno sentire una star", perché i compagni del bar, o le persone che vivono in questo piccolo paese si sentono tutt'uno, si aiutano contro le difficoltà. E ancora ritorna il tema della vita che va vissuta da soli, in cui ci scegliamo il nostro destino, della vita in cui bisogna farcela, anche se non come concetto triste, ma come dato di fatto ("Per ogni giorno caduto dal cielo e capitato bene o male a terra
con la tua guerra che non c'e' chi perde ne' pero' chi vince.
Per ogni amore sbagliato d'un pelo oppure perso giocandolo a morra
o atteso in coda col tuo numerino e sei il solo a non spingere." Riporto solo una parte ma tutta "Quando tocca a te" è un piccolo capolavoro, la adoro!). E poi il capolavoro di questo cd, quella "Ho messo via" che non ha bisogno di parole. Quella canzone che la senti e non la commenti, perché ogni commento non aggiunge nulla, anzi, limita l'emozione che ti ha dato.
Dalle difficoltà Luciano si tira su, esce un "A che ora è la fine del mondo" in cui raccoglie vecchie canzoni inedite e le attacca a un singolo aggressivo, quasi rap, producendo un cd che, nonostante non mi piaccia granché, vende e lo risolleva, e lo vede comporre il suo nuovo gruppo: Capitan Fede Poggipollini, Mel Previte, Robbie Sanchez Pellati, Antonio Rigo Righetti.
Ma è il '96 l'anno della consacrazione. Ricordo ancora quando acquistai quel cd con quel bambino in bianco e nero e una corona disegnata in testa, quel "Buon compleanno Elvis!" che ha consacrato il rocker di Correggio a idolo delle folle.
Per molti il suo capolavoro assoluto, per me un ottimo cd, ma con delle perle rare... "Certe Notti" è diventata l'icona dei giovani che girano in macchina in cerca di qualcosa che nemmeno sanno, perché "Certe notti la strada nn conta, quello che conta è sentire che vai". "Seduto in riva al fosso" stride con la caotica vita di tutti i giorni, rimanda a un'adolescenza che il Liga non ha mai dimenticato né rinnegato, una quiete, quella di Correggio, che ha sempre custodito gelosamente. E poi ritorna il tema dell'amore, sviscerato in modo atipico, con " Quella che non sei" e "Viva". E inoltre l'ironica "Hai un momento, Dio", che presenta un tema che Liga ha a cuore, il tema dell'aldilà, il credere in Dio ma non avere fede nella religione, un tema affrontato in modo diverso in "il cielo è vuoto, Il cielo è pieno", e che fa coppia con la splendida e per me incompresa "Chissà se in cielo passao gli Who" di "Fuori come va?". E su tutte una canzone dolce e malinconica, una canzone che ti lascia secco, ti emoziona, ti fa piangere e sorridere, quella "Leggero" che rimane un inno alla vita, nonostante l'atmosfera triste, e un capolavoro della musica italiana.
Poi il Liga parte in un lunghissimo tour con la sua band, e alla fine esce la sua prima raccolta live, "Su e giù da un palco", in cui cerca di trasmettere quello che per lui significa suonare davanti a tante persone, avere qualcosa da dire e essere ascoltato, ma anche il suo bisogno di essere identificato come un individuo ("Abbiamo facce che non conosciamo, ce le mettete voi in faccia pian piano") e di essere ricordato come tale ("Forse qualcuno ci ricorderà non solamente per le canzoni, per le parole o la musica").
E poi un altro capolavoro, la tristissima ma speranzosa "Il giorno di dolore che uno ha", in cui la disperazione (perché "nessuno te lo spiega perché sia successo a te") lascia poi il posto alla speranza, alla voglia di vivere ("quando tira un pò di vento che ci si rialza un pò, che la vita è un pò più forte del tuo dirle "grazie no" "). Un'altra canzone che dà i brividi.
Passa un po' di tempo e il Liga si getta nel suo primo progetto cinematografico, "Radiofreccia", film in parte autobiografico in cui racconta le sfortune di Freccia, le sue difficoltà, in un mondo in continua evoluzione, il suo bisogno di avere qualcosa da dire al mondo. Discorso ben presentato ancora una volta in musica, con la bellissima "Ho perso le parole". Il Liga ne approfitta per comporre una colonna sonora che contiene alcuni tra i suoi pezzi preferiti, dalla "Rebel Rebel" di Bowie, a Lou Reed, a Bruce Cockburn,a Warren Zevon, a Iggy Pop.
Poi esce il singolo "il mio nome è mai più", accompagnato da tante polemiche ma anche da tantissimo sostegno da parte dei fan, al fianco di Jovanotti e Piero Pelù. Il trio LigaJovaPelù va avanti per la sua strada. Ancora un po' e finalmente esce l'attesissimo nuovo album quel Miss Mondo che per alcuni ha deluso le attese, per altri ha entusiasmato. Liga spiega la copertina, in cui Miss Mondo viene ritratta con il pancione... "Una bella donna nel momento della vita in cui è più bella", dice lui ... E l'ironia è che le miss non possono partecipare ai concorsi se sono incinta. Inizia una critica alla società ("baby è un mondo super" e "Miss mondo 99"), ma anche un ritorno al solito spaccato di vita, all'aggrapparsi a una vita da vivere, da godersi nonostante tutto ("La porta dei sogni", "Si viene e si va"). Torna il tema di Dio ("Almeno credo"), e del sesso, nel modo più animalesco che ci sia ("L'odore del sesso").
E poi Liga ricorda che sebbene abbia avuto successo e si ritenga fortunatissimo il culo se l'è comunque fatto, e ai suoi detrattori risponde con "Una vita da mediano", in cui se la prende anche con parte dei giornalisti (come si vede dal video, ironico al punto giusto ^_^). Rimane spazio per "Key è stata qui", canzone dolcissima e che lascia quel non so che di irrisolto, e ci ripresenta una Key che ha avuto a che fare con la droga, come già ce l'aveva presentata il "Leggero" tema ricorrente anche questo (Radiofreccia, ma anche molte canzoni). E infine "Da adesso in poi", in cui Luciano si trova di fronte alla nascita del primo figlio, e gli parla a modo suo, senza imporre, lasciandolo libero di vivere la sua vita dalla nascita, ma avendo sempre qualcuno che veglia su di lui.
E poi si riparte "Da zero a dieci", ancora a parlare di un adolescenza perduta, della crescita dell'individuo, del saper rimanere bambini crescendo e maturando. Il film un successo, così come lo è il primo romanzo, "La neve se ne frega", in cui siamo di fronte a un mondo in cui la vita parte dalla vecchiaia e va verso la giovinezza, verso l'età in cui tutto è perfetto, fino a tornare a una innocente fanciullezza. Non sarà un capolavoro letterario, ma è splendido, leggetelo.
Un po' di inattività e il Liga si ripresenta con una domanda a chi lo segue: "Fuori cme va?". Periodi di cambiamento, un po' di crisi, un po' di affermazione di se, della propria vita ("Nato per me" e "Questa è la mia vita" su tutti, poi "Voglio volere"). Poi i temi sono i soliti, con un disco gradevole ma un po' sottotono a mio parere, pezzi ascoltabili ma che poco aggiungono a quello che il rocker aveva da dire. Ancora un po' ed esce "Giro d'Italia", in cui l'artista ci presenta canzoni acustiche, pezzi rivisti e riarrangiati completamente per i teatri, per nuovi strumenti e nuove sonorità, un esempio della grandezza del musicista oltre che dell'uomo. Che non si stravolge, perché non gli interessa. Che si assomiglia sempre, ma non si ripete mai (quasi :P), che comunica sempre.
E nel 2006 esce un altro capolavoro, l'ultimo e forse il più bello e inatteso, "Nome e Cognome". Un album che non si ripete, in cui emerge una volta di più l'uomo, la persona. Un uomo che ha sofferto, che ha attraversat o una serie di cambiamenti, che in qualche modo ne è uscito.
Il matrimonio finito ci porta al capolavoro "L'Amore conta", con due persone che si rincontrano dopo essersi lasciati, e una dolce, dolcissima malinconia pervade tutto il testo. Una poesia, più che una canzone:
Io e te ne abbiam vista qualcuna - vissuta qualcuna
ed abbiamo capito per bene - il termine insieme
mentre il sole alle spalle pian piano va giù
e quel sole vorresti non essere tu
e così hai ripreso a fumare - a darti da fare
è andata come doveva - come poteva
quante briciole restano dietro di noi
o brindiamo alla nostra o brindiamo a chi vuoi
l'amore conta
l'amore conta
conosci un altro modo
per fregar la morte?
nessuno dice mai se prima o poi
e forse qualche dio non ha finito con noi
l'amore conta
io e te ci siam tolti le voglie
ognuno i suoi sbagli
è un peccato per quelle promesse
oneste ma grosse
ci si sceglie per farselo un pò in compagnia
questo viaggio in cui non si ripassa dal via
l'amore conta - l'amore conta
e conta gli anni a chi non è mai stato pronto
nessuno dice mai che sia facile
e forse qualche dio non ha finito con te
grazie per il tempo pieno
grazie per la te più vera
grazie per i denti stretti
i difetti
per le botte d'allegria
per la nostra fantasia
l'amore conta
l'amore conta
conosci un altro modo per fregar la morte?
nessuno dice mai se prima o se poi
e forse qualche dio non ha finito con noi
l'amore conta
l'amore conta
per quanto tiri sai
che la coperta è corta
nessuno dice mai che sia facile
e forse qualche dio non ha finito con te
l'amore conta
Si legge un passato e un presente fatto di amori e relazioni, che hanno lasciato qualcosa, o che ti arricchiscono. La consapevolezza che non tutti gli amori finiscono bene, che non sempre le cose vanno come ci si aspetta, ma che tutti gli amori vanno la pena di essere vissuti. Un inno alle donne ("Le donne lo sanno") arricchito da aggettivi che vedono la donna come tutto e il contrario di tutto ("Femmina come la terra, Femmina come la guerra, Femmina come la pace, Femmina come la croce, Femmina come la voce ,Femmina come sai, Femmina come puoi, Femmina come la sorte, Femmina come la morte,Femmina come la vita,Femmina come l’entrata,Femmina come l’uscita,Femmina come le carte,Femmina come sai,Femmina come puoi"). O anche quello che la donna può portarti a fare, perchè la persona che si ama può essere "la malattia e la cura" ("E' più forte di me" è splendida, mostra una disperazione come poche altre canzoni sanno fare, mi viene in mente "Povero me " di De Gregori...) o ancora l'esortazione a vivere ogni relazione "Giorno per GIorno", senza aspettarsi nulla ma godendosi ogni momento. Un pensiero profondo, che vede un Ligabue che si è scontrato con la morte del cugino, che per lui era come un fratello, e a cui scrive una Lettera postuma ("Lettera a G") in cui si vede una speranza per l'aldilà ("fai buon viaggio e poi poi riposa se puoi").
Un ligabue più maturo quindi, intenso, calmo o aggressivo, ma che ha ancora cose da raccontare...
E come ho aperto questo libro l'ho divorato, letteralmente, leggendo tutto quello che il Liga aveva da dire. La chiacchierata scorre bene, senza intoppi o forzature, e ci mostra un Luciano cambiato dalle sue esperienze, forse una persona più matura e pacata. Nelle sue parole si legge quello che le sue canzoni comunicano, la sofferenza e il sollievo, il contatto con la morte, la fine di un matrimonio e di un lungo amore, l'inizio di una nuova relazione, la nascita dei figli... La vita!
O come dice lui, le emozioni. Perché è questo, secondo il Liga, che ti spinge a fare canzoni, l'idea di avere qualcosa da dire, da raccontare, e l'emozione che provi nel farlo. E se poi devi spiegare a parole qual è il senso di una canzone, perché hai scritto una determinata strofa, perché in quel momento pensavi qualcosa, allora hai mancato l'obiettivo, perché la canzone si deve spiegare da sola.
Emerge da questa chiacchierata, dicevo, tutto quello che i suoi cd ci hanno raccontato. Ogni album è una fotografia, un'istantanea di quello che era Ligabue a quell'età. E' un cantante atipico, di quelli che sono usciti tardi, diventati famosi tardi... Il suo "Ligabue" è del 1990, esce quando lui ha già 30 anni, troppi se si paragonano ai cantanti di oggi, soprattutto sulla scena internazionale. Ma il Liga emerge e l'album è un successo, nonostante gli arrangiamenti ancora acerbi, e già ci sono tutti gli elementi che lo hanno reso grande: parla di vita vissuta, di sesso ("balliamo sul mondo", in cui il sesso è puro divertimento, metaforizzato con il ballo), d'amore ("Piccola stella senza cielo" resta ancora una delle canzoni d'amore più dolci che siano mai state scritte, a mio parere ^_^), della musica e del Bar ("Sogni di Rock'n'Roll" e "Bar Mario su tutte"). Molto ricorrente il tema del bar: bar come punto di aggregazione, come unione di più elementi caratteristici, il tipico bar di paese, un bar Mario in parte vero e in parte frutto di fantasia. E poi si affaccia il tema della padronanza della propria vita, del pagare i propri errori e i propri sbagli, di viversi la vita per scelta propria ("Ci han concesso solo una vita:
soddisfatti o no qua non rimborsano mai e calendari a chiederci se stiamo prendendo abbastanza, abbastanza. Se per ogni sbaglio avessi mille lire che vecchiaia che passerei"), tema che sarà ripreso più volte ("Questa è la mia vita" su tutte).
Parla a ruota libera il Liga, e racconta dei successi e degli insuccessi suoi e dei suoi personaggi, delle storie di "Lambrusco, Coltelli, Rose e Popcorn", della sessualità libera e non costretta da una morale che la limita ("Libera Nos a Malo"), fino a un futuro in cui questa viene limitata dai vigilantes nel 2123, in cui già Luciano ci anticipa l'idea che sta alla base di "La neve se ne frega", sicuramente ancora molto acerba e non sviluppata, ma già presente come idea di fondo nella mente dell'artista.
Non si nasconde Ligabue, non nasconde i periodi difficili, l'album che lo porta al divorzio con gli Orazero ("Sopravvissuti e Sopravviventi", un titolo che a distanza di anni non sa spiegare), il suo album più cupo in un momento in cui tutto gli gira bene. Il pubblico non lo approva, i concerti si svuotano (ma oggi è da alcuni considerato il suo miglior disco, e fra i 100 che più hanno inciso nella canzone italiana). E qui Liga rivela una vena un po' malinconica, cupa, ma anche una vena ironica e di reazione. Racconta storie che si incrociano, racconti di persone semplici, in difficoltà, o che vivono nonostante tutto, a volte con ironia, a volte con malinconia. Penso a "I duri hanno due cuori", a "La ballerina del carillon" e a "Piccola città eterna". E ci mostra più in dettaglio uno di questi personaggi, un "Walter il Mago" che fa tenerezza per la sua "giacca sbagliata", ma che gli amici "fanno sentire una star", perché i compagni del bar, o le persone che vivono in questo piccolo paese si sentono tutt'uno, si aiutano contro le difficoltà. E ancora ritorna il tema della vita che va vissuta da soli, in cui ci scegliamo il nostro destino, della vita in cui bisogna farcela, anche se non come concetto triste, ma come dato di fatto ("Per ogni giorno caduto dal cielo e capitato bene o male a terra
con la tua guerra che non c'e' chi perde ne' pero' chi vince.
Per ogni amore sbagliato d'un pelo oppure perso giocandolo a morra
o atteso in coda col tuo numerino e sei il solo a non spingere." Riporto solo una parte ma tutta "Quando tocca a te" è un piccolo capolavoro, la adoro!). E poi il capolavoro di questo cd, quella "Ho messo via" che non ha bisogno di parole. Quella canzone che la senti e non la commenti, perché ogni commento non aggiunge nulla, anzi, limita l'emozione che ti ha dato.
Dalle difficoltà Luciano si tira su, esce un "A che ora è la fine del mondo" in cui raccoglie vecchie canzoni inedite e le attacca a un singolo aggressivo, quasi rap, producendo un cd che, nonostante non mi piaccia granché, vende e lo risolleva, e lo vede comporre il suo nuovo gruppo: Capitan Fede Poggipollini, Mel Previte, Robbie Sanchez Pellati, Antonio Rigo Righetti.
Ma è il '96 l'anno della consacrazione. Ricordo ancora quando acquistai quel cd con quel bambino in bianco e nero e una corona disegnata in testa, quel "Buon compleanno Elvis!" che ha consacrato il rocker di Correggio a idolo delle folle.
Per molti il suo capolavoro assoluto, per me un ottimo cd, ma con delle perle rare... "Certe Notti" è diventata l'icona dei giovani che girano in macchina in cerca di qualcosa che nemmeno sanno, perché "Certe notti la strada nn conta, quello che conta è sentire che vai". "Seduto in riva al fosso" stride con la caotica vita di tutti i giorni, rimanda a un'adolescenza che il Liga non ha mai dimenticato né rinnegato, una quiete, quella di Correggio, che ha sempre custodito gelosamente. E poi ritorna il tema dell'amore, sviscerato in modo atipico, con " Quella che non sei" e "Viva". E inoltre l'ironica "Hai un momento, Dio", che presenta un tema che Liga ha a cuore, il tema dell'aldilà, il credere in Dio ma non avere fede nella religione, un tema affrontato in modo diverso in "il cielo è vuoto, Il cielo è pieno", e che fa coppia con la splendida e per me incompresa "Chissà se in cielo passao gli Who" di "Fuori come va?". E su tutte una canzone dolce e malinconica, una canzone che ti lascia secco, ti emoziona, ti fa piangere e sorridere, quella "Leggero" che rimane un inno alla vita, nonostante l'atmosfera triste, e un capolavoro della musica italiana.
Poi il Liga parte in un lunghissimo tour con la sua band, e alla fine esce la sua prima raccolta live, "Su e giù da un palco", in cui cerca di trasmettere quello che per lui significa suonare davanti a tante persone, avere qualcosa da dire e essere ascoltato, ma anche il suo bisogno di essere identificato come un individuo ("Abbiamo facce che non conosciamo, ce le mettete voi in faccia pian piano") e di essere ricordato come tale ("Forse qualcuno ci ricorderà non solamente per le canzoni, per le parole o la musica").
E poi un altro capolavoro, la tristissima ma speranzosa "Il giorno di dolore che uno ha", in cui la disperazione (perché "nessuno te lo spiega perché sia successo a te") lascia poi il posto alla speranza, alla voglia di vivere ("quando tira un pò di vento che ci si rialza un pò, che la vita è un pò più forte del tuo dirle "grazie no" "). Un'altra canzone che dà i brividi.
Passa un po' di tempo e il Liga si getta nel suo primo progetto cinematografico, "Radiofreccia", film in parte autobiografico in cui racconta le sfortune di Freccia, le sue difficoltà, in un mondo in continua evoluzione, il suo bisogno di avere qualcosa da dire al mondo. Discorso ben presentato ancora una volta in musica, con la bellissima "Ho perso le parole". Il Liga ne approfitta per comporre una colonna sonora che contiene alcuni tra i suoi pezzi preferiti, dalla "Rebel Rebel" di Bowie, a Lou Reed, a Bruce Cockburn,a Warren Zevon, a Iggy Pop.
Poi esce il singolo "il mio nome è mai più", accompagnato da tante polemiche ma anche da tantissimo sostegno da parte dei fan, al fianco di Jovanotti e Piero Pelù. Il trio LigaJovaPelù va avanti per la sua strada. Ancora un po' e finalmente esce l'attesissimo nuovo album quel Miss Mondo che per alcuni ha deluso le attese, per altri ha entusiasmato. Liga spiega la copertina, in cui Miss Mondo viene ritratta con il pancione... "Una bella donna nel momento della vita in cui è più bella", dice lui ... E l'ironia è che le miss non possono partecipare ai concorsi se sono incinta. Inizia una critica alla società ("baby è un mondo super" e "Miss mondo 99"), ma anche un ritorno al solito spaccato di vita, all'aggrapparsi a una vita da vivere, da godersi nonostante tutto ("La porta dei sogni", "Si viene e si va"). Torna il tema di Dio ("Almeno credo"), e del sesso, nel modo più animalesco che ci sia ("L'odore del sesso").
E poi Liga ricorda che sebbene abbia avuto successo e si ritenga fortunatissimo il culo se l'è comunque fatto, e ai suoi detrattori risponde con "Una vita da mediano", in cui se la prende anche con parte dei giornalisti (come si vede dal video, ironico al punto giusto ^_^). Rimane spazio per "Key è stata qui", canzone dolcissima e che lascia quel non so che di irrisolto, e ci ripresenta una Key che ha avuto a che fare con la droga, come già ce l'aveva presentata il "Leggero" tema ricorrente anche questo (Radiofreccia, ma anche molte canzoni). E infine "Da adesso in poi", in cui Luciano si trova di fronte alla nascita del primo figlio, e gli parla a modo suo, senza imporre, lasciandolo libero di vivere la sua vita dalla nascita, ma avendo sempre qualcuno che veglia su di lui.
E poi si riparte "Da zero a dieci", ancora a parlare di un adolescenza perduta, della crescita dell'individuo, del saper rimanere bambini crescendo e maturando. Il film un successo, così come lo è il primo romanzo, "La neve se ne frega", in cui siamo di fronte a un mondo in cui la vita parte dalla vecchiaia e va verso la giovinezza, verso l'età in cui tutto è perfetto, fino a tornare a una innocente fanciullezza. Non sarà un capolavoro letterario, ma è splendido, leggetelo.
Un po' di inattività e il Liga si ripresenta con una domanda a chi lo segue: "Fuori cme va?". Periodi di cambiamento, un po' di crisi, un po' di affermazione di se, della propria vita ("Nato per me" e "Questa è la mia vita" su tutti, poi "Voglio volere"). Poi i temi sono i soliti, con un disco gradevole ma un po' sottotono a mio parere, pezzi ascoltabili ma che poco aggiungono a quello che il rocker aveva da dire. Ancora un po' ed esce "Giro d'Italia", in cui l'artista ci presenta canzoni acustiche, pezzi rivisti e riarrangiati completamente per i teatri, per nuovi strumenti e nuove sonorità, un esempio della grandezza del musicista oltre che dell'uomo. Che non si stravolge, perché non gli interessa. Che si assomiglia sempre, ma non si ripete mai (quasi :P), che comunica sempre.
E nel 2006 esce un altro capolavoro, l'ultimo e forse il più bello e inatteso, "Nome e Cognome". Un album che non si ripete, in cui emerge una volta di più l'uomo, la persona. Un uomo che ha sofferto, che ha attraversat o una serie di cambiamenti, che in qualche modo ne è uscito.
Il matrimonio finito ci porta al capolavoro "L'Amore conta", con due persone che si rincontrano dopo essersi lasciati, e una dolce, dolcissima malinconia pervade tutto il testo. Una poesia, più che una canzone:
Io e te ne abbiam vista qualcuna - vissuta qualcuna
ed abbiamo capito per bene - il termine insieme
mentre il sole alle spalle pian piano va giù
e quel sole vorresti non essere tu
e così hai ripreso a fumare - a darti da fare
è andata come doveva - come poteva
quante briciole restano dietro di noi
o brindiamo alla nostra o brindiamo a chi vuoi
l'amore conta
l'amore conta
conosci un altro modo
per fregar la morte?
nessuno dice mai se prima o poi
e forse qualche dio non ha finito con noi
l'amore conta
io e te ci siam tolti le voglie
ognuno i suoi sbagli
è un peccato per quelle promesse
oneste ma grosse
ci si sceglie per farselo un pò in compagnia
questo viaggio in cui non si ripassa dal via
l'amore conta - l'amore conta
e conta gli anni a chi non è mai stato pronto
nessuno dice mai che sia facile
e forse qualche dio non ha finito con te
grazie per il tempo pieno
grazie per la te più vera
grazie per i denti stretti
i difetti
per le botte d'allegria
per la nostra fantasia
l'amore conta
l'amore conta
conosci un altro modo per fregar la morte?
nessuno dice mai se prima o se poi
e forse qualche dio non ha finito con noi
l'amore conta
l'amore conta
per quanto tiri sai
che la coperta è corta
nessuno dice mai che sia facile
e forse qualche dio non ha finito con te
l'amore conta
Si legge un passato e un presente fatto di amori e relazioni, che hanno lasciato qualcosa, o che ti arricchiscono. La consapevolezza che non tutti gli amori finiscono bene, che non sempre le cose vanno come ci si aspetta, ma che tutti gli amori vanno la pena di essere vissuti. Un inno alle donne ("Le donne lo sanno") arricchito da aggettivi che vedono la donna come tutto e il contrario di tutto ("Femmina come la terra, Femmina come la guerra, Femmina come la pace, Femmina come la croce, Femmina come la voce ,Femmina come sai, Femmina come puoi, Femmina come la sorte, Femmina come la morte,Femmina come la vita,Femmina come l’entrata,Femmina come l’uscita,Femmina come le carte,Femmina come sai,Femmina come puoi"). O anche quello che la donna può portarti a fare, perchè la persona che si ama può essere "la malattia e la cura" ("E' più forte di me" è splendida, mostra una disperazione come poche altre canzoni sanno fare, mi viene in mente "Povero me " di De Gregori...) o ancora l'esortazione a vivere ogni relazione "Giorno per GIorno", senza aspettarsi nulla ma godendosi ogni momento. Un pensiero profondo, che vede un Ligabue che si è scontrato con la morte del cugino, che per lui era come un fratello, e a cui scrive una Lettera postuma ("Lettera a G") in cui si vede una speranza per l'aldilà ("fai buon viaggio e poi poi riposa se puoi").
Un ligabue più maturo quindi, intenso, calmo o aggressivo, ma che ha ancora cose da raccontare...
domenica, novembre 18, 2007
It's my life!
La vita è strana
Non è cattiva ma nemmeno buona
Sicuramente conta la fortuna
E un pizzico di abilità
Il manuale
Ha poche pagine ed è scritto male
Non spiega quali procedure usare
Se ci si trova in difficoltà
Così c’è da improvvisare
Stando attenti a premere
I pulsanti giusti e andare
Dritto senza sbattere
Esserci, esser qui
È già un grande risultato
Esserci, esser qui
Senza avere mai barato
Bisogna andare
Senza sapere cosa e come fare
Sperando di riuscire ad imparare
Ogni giorno qualcosa in più
Per non sbagliare
O almeno per provare ad imitare
I danni ed evitare il temporale
Fare di necessità virtù
Qualche volta ci si riesce
Qualche volta invece no
L’errore non si capisce
Prima di commetterlo
Esserci, esser qui
È già un grande risultato
Esserci, esser qui
Senza avere mai barato
E ci può stare
Qualcosa sarebbe potuto andare
Diversamente senza qualche errore
Magari ragionandoci un po’
Certe parole
Non dette o dette troppo tardi e male
Azioni che ancora fanno soffrire
E come pietre ci pesano
Si poteva fare meglio
Ma anche peggio di così
E se pur con qualche sbaglio
Noi siamo bravissimi
Esserci, esser qui
È già un grande risultato
Esserci, esser qui
Senza avere mai barato
Dopo essermi ripromesso che avrei scritto più spesso ho subito lasciato passare dei giorni prima di aggiornare il blog, e i miei pochi lettori (sembra meno di 5, ma vi sono affezionato :P) mi dovranno perdonare.
Però oggi ho sentito un discorso che mi ha fatto venir voglia di scrivere. La canzone postata sopra mi è piaciuta dalla prima volta in cui l'ho sentita. E' una canzone che fa riflettere, nonostante il tono allegro e scanzonato...
Ma torniamo al discorso di cui parlavo: si diceva che la vita era come un compito, una sorta di esame scritto in cui, al momento della consegna, non avevi più tempo per cambiare nulla, quello che avevi fatto rimaneva lì, su carta. Nessuno poteva tornare indietro, cambiare qualche parola, correggere qualche errore. Ovviamente c'è chi è riuscito a fare un esame di cui è soddisfatto, chi ha commesso molti errori, chi forse avrebbe potuto fare di più.
E la metafora è per certi versi calzante: ognuno è artefice del proprio destino, dicevano i latini (qualcosa tipo "Faber est quisque fortunae suae", non ricordo bene... io e il latino non andiamo molto d'accordo ultimamente :P); ognuno deve scrivere il proprio compito, il proprio tema, si deve impegnare secondo le sue possibilità a fare il meglio possibile. Ovviamente potrà sbagliare, ma se si sarà impegnato alla fine il risultato lo soddisferà, anche se guardandosi indietro si renderà conto che qualcosa sarebbe potuto essere diverso.
E la vita è un film di cui siamo registi e attori, è un film che può scorrere piatto e sereno, e poi magari avere un'accelerata, il colpo di scena è sempre dietro l'angolo, un film che può sorprenderti, spaventarti, o farti felice. Ma è un film complicato da girare e da recitare, e in cui non sempre è facile seguire e capire la trama, costruirla giorno per giorno.
Questo è un periodo un po' strano della mia vita. Gli anni sono 25, non sono tanti, ma iniziare a lavorare ti proietta comunque in una realtà un po' diversa da quella di uno studente universitario. E' un po' come rendersi conto di essere diventato grande e di essere entrato nel mondo vero. Inoltre sono successe una serie di cose, questioni che fanno riflettere. Che ti fanno chiedere come sarà il futuro, e ripensare al passato. Se si sono fatte scelte giuste, se si sarebbe dovuto fare qualcosa di diverso. Perché quando sei al liceo (e poi all'università) ti immagini mille vite possibili, diversi scenari tutti ugualmente stimolanti, e poi quando ci sei è solo una la vita che devi scegliere di vivere. E ti trovi nella condizione di dover pensare se le scelte che fai ti portano verso il futuro che volevi, ti porteranno a diventare quello che vorrai. Ma il bello e il brutto è che non lo puoi mai sapere nel momento in cui le scelte le fai.
E quindi che dire... La vita va vissuta assaporandola attimo per attimo, cercando di non avere ripensamenti, cercando di non avere rimpianti, agendo sempre come ci si sente... E se qualcosa sarebbe potuto andare meglio di com'è andato vuol dire che sul momento ci sentivamo in modo diverso da come ci sentiamo adesso... E quando si capirà questo pensiero ci si renderà conto che ogni scelta sarà sempre giusta in quanto tale, che non ci saranno errori, perchè avremo fatto quello che in quel momento sentivamo di dover fare.
Che poi non sempre sia facile è un altro discorso :P
PS: avrei voluto parlare anche del Liga in questo post, ma a uno dei miei lettori non interessava ;P E inoltre è già troppo lungo così, rimanderò prossimamente!
"Qua nessuno c'ha il libretto di istruzioni! Credo che ognuno, si faccia il giro, come riesce, a suo modo..."
Non è cattiva ma nemmeno buona
Sicuramente conta la fortuna
E un pizzico di abilità
Il manuale
Ha poche pagine ed è scritto male
Non spiega quali procedure usare
Se ci si trova in difficoltà
Così c’è da improvvisare
Stando attenti a premere
I pulsanti giusti e andare
Dritto senza sbattere
Esserci, esser qui
È già un grande risultato
Esserci, esser qui
Senza avere mai barato
Bisogna andare
Senza sapere cosa e come fare
Sperando di riuscire ad imparare
Ogni giorno qualcosa in più
Per non sbagliare
O almeno per provare ad imitare
I danni ed evitare il temporale
Fare di necessità virtù
Qualche volta ci si riesce
Qualche volta invece no
L’errore non si capisce
Prima di commetterlo
Esserci, esser qui
È già un grande risultato
Esserci, esser qui
Senza avere mai barato
E ci può stare
Qualcosa sarebbe potuto andare
Diversamente senza qualche errore
Magari ragionandoci un po’
Certe parole
Non dette o dette troppo tardi e male
Azioni che ancora fanno soffrire
E come pietre ci pesano
Si poteva fare meglio
Ma anche peggio di così
E se pur con qualche sbaglio
Noi siamo bravissimi
Esserci, esser qui
È già un grande risultato
Esserci, esser qui
Senza avere mai barato
Dopo essermi ripromesso che avrei scritto più spesso ho subito lasciato passare dei giorni prima di aggiornare il blog, e i miei pochi lettori (sembra meno di 5, ma vi sono affezionato :P) mi dovranno perdonare.
Però oggi ho sentito un discorso che mi ha fatto venir voglia di scrivere. La canzone postata sopra mi è piaciuta dalla prima volta in cui l'ho sentita. E' una canzone che fa riflettere, nonostante il tono allegro e scanzonato...
Ma torniamo al discorso di cui parlavo: si diceva che la vita era come un compito, una sorta di esame scritto in cui, al momento della consegna, non avevi più tempo per cambiare nulla, quello che avevi fatto rimaneva lì, su carta. Nessuno poteva tornare indietro, cambiare qualche parola, correggere qualche errore. Ovviamente c'è chi è riuscito a fare un esame di cui è soddisfatto, chi ha commesso molti errori, chi forse avrebbe potuto fare di più.
E la metafora è per certi versi calzante: ognuno è artefice del proprio destino, dicevano i latini (qualcosa tipo "Faber est quisque fortunae suae", non ricordo bene... io e il latino non andiamo molto d'accordo ultimamente :P); ognuno deve scrivere il proprio compito, il proprio tema, si deve impegnare secondo le sue possibilità a fare il meglio possibile. Ovviamente potrà sbagliare, ma se si sarà impegnato alla fine il risultato lo soddisferà, anche se guardandosi indietro si renderà conto che qualcosa sarebbe potuto essere diverso.
E la vita è un film di cui siamo registi e attori, è un film che può scorrere piatto e sereno, e poi magari avere un'accelerata, il colpo di scena è sempre dietro l'angolo, un film che può sorprenderti, spaventarti, o farti felice. Ma è un film complicato da girare e da recitare, e in cui non sempre è facile seguire e capire la trama, costruirla giorno per giorno.
Questo è un periodo un po' strano della mia vita. Gli anni sono 25, non sono tanti, ma iniziare a lavorare ti proietta comunque in una realtà un po' diversa da quella di uno studente universitario. E' un po' come rendersi conto di essere diventato grande e di essere entrato nel mondo vero. Inoltre sono successe una serie di cose, questioni che fanno riflettere. Che ti fanno chiedere come sarà il futuro, e ripensare al passato. Se si sono fatte scelte giuste, se si sarebbe dovuto fare qualcosa di diverso. Perché quando sei al liceo (e poi all'università) ti immagini mille vite possibili, diversi scenari tutti ugualmente stimolanti, e poi quando ci sei è solo una la vita che devi scegliere di vivere. E ti trovi nella condizione di dover pensare se le scelte che fai ti portano verso il futuro che volevi, ti porteranno a diventare quello che vorrai. Ma il bello e il brutto è che non lo puoi mai sapere nel momento in cui le scelte le fai.
E quindi che dire... La vita va vissuta assaporandola attimo per attimo, cercando di non avere ripensamenti, cercando di non avere rimpianti, agendo sempre come ci si sente... E se qualcosa sarebbe potuto andare meglio di com'è andato vuol dire che sul momento ci sentivamo in modo diverso da come ci sentiamo adesso... E quando si capirà questo pensiero ci si renderà conto che ogni scelta sarà sempre giusta in quanto tale, che non ci saranno errori, perchè avremo fatto quello che in quel momento sentivamo di dover fare.
Che poi non sempre sia facile è un altro discorso :P
PS: avrei voluto parlare anche del Liga in questo post, ma a uno dei miei lettori non interessava ;P E inoltre è già troppo lungo così, rimanderò prossimamente!
"Qua nessuno c'ha il libretto di istruzioni! Credo che ognuno, si faccia il giro, come riesce, a suo modo..."
domenica, novembre 11, 2007
I'm coming back!
E' tantissimo che non scrivo su questo blog... Ho avuto un sacco di volte voglia di aprire il computer per scriverci, ho avuto spesso voglia di confidarmi solo con me stesso, affidando allo schermo il compito di riportare i miei pensieri, le mie idee, quello che pensavo e sentivo. Ma per un motivo o per un altro non l'ho mai fatto, e questo blog è rimasto abbandonato a se stesso. E ammetto che ho avuto anche la tentazione di chiuderlo, di porre fine alle mie elucubrazioni qui su internet.. Non perché non avessi nulla da dire, perché pensassi ormai di aver detto tutto, ma perché proprio in un periodo in cui avrei voluto scrivere tanto non avevo lo stimolo a farlo, mi mancava quella scintilla che ti fa aprire il pc e passare qualche istante di fronte alla pagina vuota, prima di gettarsi a battere freneticamente sui tasti senza rifletterci troppo.
Eppure sono ancora qui, che scrivo, e questo non è un post di addio. Oggi ho voglia di scrivere, di raccontare qualcosa su questo blog.
Si dice sempre che il blog è un posto dove sfogarsi, che si scrive molto (e spesso cose molto interessanti) quando si è depressi e arrabbiati con il mondo, quando si avrebbe voglia di spaccare tutto o solo di fuggir via e ripartire da zero. E probabilmente in molte occasioni è vero, e negli ultimi tempi ci sono stati momenti così.
Ma oggi in realtà sono qui a scrivere e sono tranquillo.. E' uno di quei rari momenti in cui ho voglia di parlare di qualcosa che magari non è andato bene, ma senza farne troppo un problema :P, in maniera rilassata...
Volevo parlare di una sensazione provata questo week end: mi è capitato di stare in mezzo alla gente e di sentirmi solo. So che succede a tutti, ma questa volta l'ho avvertito come una sensazione diversa. Mi sembra che a volte ci sia come una barriera, un muro tra me e le persone che mi circondano, quasi che io mi trovassi solo, isolato, e le altre persone vedessero di me solo una parte, una facciata, una sorta di maschera. Fa molto Pirandello! :P
E' stata una riflessione che mi ha un po' spaventato... A volte ho paura che non ci sia nessuno che possa capirmi realmente, che non si renda mai veramente conto di quello che provo o che sento. Mi sembra come se chi mi sta intorno mi vedesse per come mi vuole vedere, o al contrario per come io mi pongo, ma mi vedono come sono realmente?
Il brutto è che alla fine probabilmente è colpa mia... Eli mi dice sempre che non si capisce mai quello che penso :P Mi sa che ha ragione, spesso non lo capisco nemmeno io :P.
Mi sembra che chi mi circonda spesso non si renda conto di come mi sento, non si renda conto se a volte sono triste,o magari che non capisca quanto sto male per qualcosa.
Ho paura che questa sia stata una mia caratteristica da sempre, o che comunque si sia sviluppata con gli anni.. Come se mi fossi costruito il mio piccolo mondo, la mia piccola sfera di protezione personale, al riparo dai problemi del mondo. :P :P
Alla fine dicono che l'importante sia stare bene con se stessi, ma questo è un argomento che non voglio affrontare ora :P Non voglio che questo diventi un post depresso ( mi scuso con i miei 5 lettori se lo è già, non era mia intenzione :D.. Sembro molto Manzoni :P ), perché non lo è... Era solo una constatazione e un modo per salutare di nuovo questo blog, su cui spero di tornare a scrivere un po' più assiduamente (devo sviscerare bene quest'ultimo discorso dopotutto, e vi assicuro che di carne al fuoco ce n'è tanta :P).
Ne approfitto per fare gli auguri alla mia piccola, un anno e nove mesi cominciano a essere tantini.. :P
Eppure sono ancora qui, che scrivo, e questo non è un post di addio. Oggi ho voglia di scrivere, di raccontare qualcosa su questo blog.
Si dice sempre che il blog è un posto dove sfogarsi, che si scrive molto (e spesso cose molto interessanti) quando si è depressi e arrabbiati con il mondo, quando si avrebbe voglia di spaccare tutto o solo di fuggir via e ripartire da zero. E probabilmente in molte occasioni è vero, e negli ultimi tempi ci sono stati momenti così.
Ma oggi in realtà sono qui a scrivere e sono tranquillo.. E' uno di quei rari momenti in cui ho voglia di parlare di qualcosa che magari non è andato bene, ma senza farne troppo un problema :P, in maniera rilassata...
Volevo parlare di una sensazione provata questo week end: mi è capitato di stare in mezzo alla gente e di sentirmi solo. So che succede a tutti, ma questa volta l'ho avvertito come una sensazione diversa. Mi sembra che a volte ci sia come una barriera, un muro tra me e le persone che mi circondano, quasi che io mi trovassi solo, isolato, e le altre persone vedessero di me solo una parte, una facciata, una sorta di maschera. Fa molto Pirandello! :P
E' stata una riflessione che mi ha un po' spaventato... A volte ho paura che non ci sia nessuno che possa capirmi realmente, che non si renda mai veramente conto di quello che provo o che sento. Mi sembra come se chi mi sta intorno mi vedesse per come mi vuole vedere, o al contrario per come io mi pongo, ma mi vedono come sono realmente?
Il brutto è che alla fine probabilmente è colpa mia... Eli mi dice sempre che non si capisce mai quello che penso :P Mi sa che ha ragione, spesso non lo capisco nemmeno io :P.
Mi sembra che chi mi circonda spesso non si renda conto di come mi sento, non si renda conto se a volte sono triste,o magari che non capisca quanto sto male per qualcosa.
Ho paura che questa sia stata una mia caratteristica da sempre, o che comunque si sia sviluppata con gli anni.. Come se mi fossi costruito il mio piccolo mondo, la mia piccola sfera di protezione personale, al riparo dai problemi del mondo. :P :P
Alla fine dicono che l'importante sia stare bene con se stessi, ma questo è un argomento che non voglio affrontare ora :P Non voglio che questo diventi un post depresso ( mi scuso con i miei 5 lettori se lo è già, non era mia intenzione :D.. Sembro molto Manzoni :P ), perché non lo è... Era solo una constatazione e un modo per salutare di nuovo questo blog, su cui spero di tornare a scrivere un po' più assiduamente (devo sviscerare bene quest'ultimo discorso dopotutto, e vi assicuro che di carne al fuoco ce n'è tanta :P).
Ne approfitto per fare gli auguri alla mia piccola, un anno e nove mesi cominciano a essere tantini.. :P
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